La collana RisorgimentaliA raccoglie memorie, testimonianze, diari, biografie che narrano le Rivoluzioni siciliane nella storia di Sicilia. Affinchè non venga dimenticata l'opera dei nostri padri e il loro sacrificio per la libertà.
Cause – Fatti – Rimedî – Critica e Narrazione
Con saggio introduttivo di Santo Lombino
Una discussa pagina di storia d’Italia che ha consegnato ai posteri l’immagine di una Sicilia ingovernabile, ribelle e delinquenziale, dalle forti infiltrazioni mafiose, che non si comprende senza far riferimento agli avvenimenti precedenti all’insurrezione, per riconsegnare alla storia la vera immagine del popolo siciliano, con i suoi pregi e i suoi difetti. La sommossa che ebbe inizio a Palermo all’alba del 16 settembre 1866 e durò fino a mezzogiorno del 22, la chiamarono subito del “Sette e mezzo”, utilizzando il nome di un noto gioco alle carte. Fu senza dubbio un moto di piazza che ricalcava lo schema d’azione di quelli che si erano svolti nel capoluogo durante la prima metà dell’Ottocento. Nel 1820, nel 1848 e nel 1860 (e in parte nel 1856), si erano messe in movimento migliaia di persone insorte a una data prefissata e si erano formate centinaia di “squadre” o “squadriglie” armate, sotto la guida di capi popolari riconosciuti, in grado di dare le indicazioni per l’azione e quasi sempre capaci di ricompensare con una paga giornaliera coloro che si impegnavano in modo continuativo nella lotta per le strade, nelle piazze e sulle barricate. Giacomo Pagano (testimone dei fatti) descrive lo svolgimento della ribellione popolare che sconvolse Palermo con il suo circondario e ripercorre giorno per giorno, quasi ora per ora le tappe del movimento insurrezionale, il formarsi delle squadre e la costruzione delle barricate, gli spostamenti per le strade nelle piazze della città, gli assalti alle carceri, la dura repressione guidata dal generale Raffaele Cadorna. Ne analizza le cause e avanza i suoi rimedi per una pacificazione degli animi, sia a livello generale sia per quanto concerne la realtà dell’Isola, onde evitare il ripetersi di nuove rivolte.
Pagine 313 - Prezzo di copertina € 21,00
Entrambi traditi, vennero arrestati e fucilati. Altre 24 persone ebbero sentenza di morte.
Prefazione del prof. Santo Lombino, direttore del Museo delle Spartenze in Villafrati
La scrittura di Spiridione Franco segue giorno per giorno, quasi ora per ora, la fallita impresa rivoluzionaria del Barone Francesco Bentivegna nel novembre 1856, del suo “stato maggiore selvaggio” e dei suoi seguaci, dando conto dei movimenti dei vari attori e del loro antagonista, il direttore di polizia Salvatore Maniscalco, fortemente intenzionato a impedire in qualunque modo la ripresa dell’iniziativa antigovernativa. L’infelice impresa terminerà con la cattura del Bentivegna e Spiridione Franco ci fa seguire le successive tappe del martirio del barone mazziniano, il cui destino è stato già deciso in alto loco: come capo del moto rivoluzionario deve essere punito con la massima severità, con una condanna capitale che scoraggi chi abbia voglia di seguire il suo esempio. La narrazione del Nostro ci fa seguire ovviamente anche il ruolo da lui avuto in queste vicende, sottolineando i momenti in cui Franco ha dato un apporto determinante all’andamento dell’impresa rivoluzionaria, cui ha deciso di partecipare per dedizione alla causa e per ammirazione verso Bentivegna, pur avendo espresso il presentimento che, date le condizioni di partenza, il risultato finale poteva essere solo la galera o la fuga in America. Dopo l’arresto del capo e la resa degli altri comprimari, Spiridione Franco è rimasto per lunghi mesi latitante, travestendosi e nascondendosi in campagna ed in città, grazie alla sua conoscenza di uomini e cose, alla destrezza del suo ingegno e al sostegno di numerosi personaggi, tra cui il fratello vescovo. Colpisce nel racconto di Spiridione la sua vivacità e il suo senso dell’ironia .
Dalla prefazione di Santo Lombino
Pagine 170 - Prezzo di copertina € 15,00
Copertina di Maria Squatrito
La Sottocommissione storica, eletta dal Comitato pel Cinquantenario del 27 maggio 1860, affidò ai sottoscritti la compilazione del presente volume; al quale essi credono utile premettere un'avvertenza, per chiarire i criteri dai quali sono stati guidati nella scelta e nella disposizione di quanto in esso si contiene. La Sottocommissione fu unanime nello scartare prima tutto l'idea di compilare una serie di monografie, le quali, certamente, per la bontà degli scrittori, avrebbero avuto un grande valore, ma ha, in fondo, qualcosa di subbiettivo e per la diversità degli scrittori non avrebbe data al volume quella unità organica che può avere la storia scritta da un solo. Oltre di questo, formando ogni monografia un organismo compiuto in sè, si sarebbe incorso nello inconveniente di ripetere cose dette prima o dopo, e forse con vedute e giudizi diversi: il che avrebbe generato non pur sovrabbondanze e ripetizioni, ma anche una certa confusione nella mente del lettore. Fu dunque stabilito di far parlare la rivoluzione del 1860 attraverso i suoi vari momenti, con la sua stessa voce; raccogliendo in unico corpo i documenti di quell'epoca memoranda, ufficiali ed extraufficiali, del Governo borbonico, del Comitato rivoluzionario e del Governo della Dittatura; memorie sincrone, curiosità, poesie occasionali, tutto quanto, in una parola, possa, anche in mezzo agli errori, le esagerazioni e le illusioni, dar la vera idea di quel che fu, in quei giorni, lo spirito della popolazione e del governo; di quella febbre operosa di rinnovamento; di quel fervore patriottico e di quelle aspirazioni sapienti, che paiono ora cose lontane, ed empiono di stupore e d'incredulità le nuove generazioni. Il lettore può in questo modo trasportarsi in quei tempi, evocarne le immaginazioni, vivere in esse, sentire nell'anima sua rifarsi, rinnovarsi, ridiventare una realtà vivente quella che è soltanto una memoria: e dalla comunione immediata fra sè e i documenti, trarre il giudizio o darne la sua interpretazione. D'altro canto è sembrato alla Commissione che offrire qui tanta e così svariata materia dispersa fra stampe rarissime o in manoscritti fin qui inediti o in raccolte di non piacevole nè facile lettura, sia un buon servizio alla storia e agli studiosi; i quali troveranno in questo volume abbondanti materiali per la storia di quella rivoluzione, senza la quale nè Garibaldi si sarebbe mosso, nè l'Unità Italiana sarebbe divenuta così presto un fatto compiuto. Ma a questo proposito i compilatori dichiarano di non aver tutto raccolto e accolto. La messe sarebbe stata tale da potersene compilare parecchi volumi; se non che, a raccoglier tutto, ciò che è difficilissimo, avrebbero impinguato la presente pubblicazione di roba, non già inutile, chè nulla è inutile alla storia, ma tale da non aggiungere niente di nuovo o di singolare al libro, pei fini che essi si son proposti. Hanno dunque trascelto quel che è loro parso più caratteristico e rappresentativo, tra la quantità enorme di scritti, pur dovendo, e con rincrescimento, rinunciare a qualche cosa. Quanto all'ordinamento, le ragioni di esso appariranno chiare. La prima parte comprende i documenti della rivoluzione, anteriori e posteriori al 4 aprile 1860 e fino al 27 maggio. La seconda, una scelta degli atti della Dittatura, quelli cioè che propriamente riguardano il periodo rivoluzionario, il rinnovamento politico-amministrativo della Sicilia e uomini e fatti della rivoluzione; la terza, più varia, comprende atti della rappresentanza civica, documenti riferibili alle spedizioni, diari del tempo, memorie, poesie, fra cui le memorie storiche di Filippo e Gaetano Borghese, il diario inedito di Enrico Albanese, le lettere di Giuseppe Bracco al conte Michele Amari, il diario di Antonio Beninati.
Palermo, 27 maggio 1910
Giuseppe Pitrè (Presidente), Luigi Natoli, Giuseppe Pipitone Federico, Alfonso Sansone, Salvatore Giambruno, Giuseppe Travali, Cesare Matranga
I Compilatori hanno evitato di fare un lavoro di erudizione e di critica; non hanno quindi apposto note, riscontri, chiarimenti, per modificare, correggere o commentare il testo: salvo un diario, che, per ragioni che escono fuori dal compito dei sottoscritti, chi lo offerse diede annotato. La raccolta è dunque obbiettiva e impersonale. Intendimento dei sottoscritti, è stato di ascoltare e fare ascoltare, come da un grammofono che le abbia religiosamente conservate, le voci di altro tempo, così come suonarono cinquant'anni addietro, e come allora il pensiero e il sentimento le atteggiarono e modularono. E credono con ciò di avere interpretato il concetto della Sottocommissione.
Al nostro lavoro sulla Cronologia dei Giustiziati in Palermo, si connette intimamente la storia della Compagnia dei Bianchi, perchè senza l'esistenza e l'opera di tale confraternita religiosa, oggi non ci sarebbe possibile di fare la presente pubblicazione. Per tal motivo, nella prima parte di essa comprendiamo, come meglio abbiamo potuto, le sue vicende, il suo ordinamento e l'opera, per la quale potè vivere circa trecento anni.
La famosa Compagnia del Santissimo Crocifisso, detta dei Bianchi, si assunse la pietosa missione di assistere quegl'infelici che, allora in gran numero, venivano condannati dalla giustizia degli uomini e in nome di Dio, a lasciare la vita sul patibolo.
Grazie alla cortese ed efficace cooperazione dell'egregio cav. Eduardo Rivarola, attuale Governatore della Compagnia dei Bianci, senza la quale questo lavoro non potrebbe essere stato compiuto e agli studiosi, oggi, non sarebbe dato di poter leggere queste pagine che, nella loro monotona e cronologica dicitura, ci ricordano la lunga serie di scene orrende e di spettacoli infami, che in nome della giustizia si davano al popolo sulle vie e sulle piazze della nostra Palermo.
Dai documenti pervenuti a noi nelle nostre ricerche per ricostruire la dolorosa e triste odissea di tante vittime dell'umana giustizia, ci è dato poter costatare, che spesso, tanto l'animo di un truce malfattore, tanto quello di una debole donna, colpiti dall'inesorabile giustizia umana, rimanevano talmente scossi, da restare in preda ad una grave grisi morale, che si ripercuoteva tremendamente sul fisico dei condannati. L'emozione della prossima morte nei giustiziandi, fu tale che spesso si avveravano scene disgustose, che avrebbero dovuto commuovere gli animi più duri e non suscettibili di molto turbamento.
Da questo lavoro abbiamo escluso le esecuzioni capitali, che si fecero per sentenza del Tribunale del Sant'Ufficio, perchè sarebbe stato superfluo, dopo il lavoro del compianto Vito La Mantia.
Antonino Cutrera
Il mirabile lavoro di Antonino Cutrera fatto sui documenti della Compagnia dei Bianchi è anche integrato con note del Mongitore, Villabianca, Auria, Pirri, Paruta, Di Marzo, Zamparrone, La Mantia ed altri ancora e costituisce un completo e fedele studio dei secoli bui della giustizia terrena a Palermo.
Copertina di Maria Squatrito
1593 a 2 Agosto: Nel piano della Marina, per sentenza
della R.G.C. fu giustiziato Blasi Galati "condannato a
morte naturale, con che sia portato al luoco della giustizia sopra un carro, et per strada tenagliato, et in detto loco affogato in terra ad un palo, et doppo appiso per un piede alle forche, e finalmente squartato."
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