Spiridione Franco, inizia questo libro facendo due premesse. La prima è di natura casuale: “...percorrendo una via di Roma trovo...” in un negozio di libri un romanzo che narra la storia del suo amico Bentivegna, che nonostante fosse stato scritto molto bene, conteneva delle inesattezze storiche. Assalito dal bisogno di fare chiarezza, Franco fa la seconda premessa: “Fu appunto nel costatare qualche inesattezza dei fatti e la forma romanzesca alla narrazione, che mi venne in animo di scrivere anche alcune pagine, sul movimento rivoluzionario di Mezzojuso del 22 Novembre 1856... Chi avrà la benevolenza di seguirmi nel racconto sarà benigno verso di me, e se qualche volta si accorgerà che la forma mi avrà tradito il pensiero, se anche tiene mente ch’io mi sono preoccupato di scrivere della storia esatta, e non un libro d’arte. Del resto non vi sarei di certo riuscito, perché la turbolenta mia gioventù dedita ai moti rivoluzionari del 1848 (di cui sono dietro a scrivere alcune note) mi fece per molto tempo allontanare degli studi regolari a me tanto cari”.
Con queste premesse Spiridione Franco si giustifica agli occhi del lettore per la cattiva “forma” dovuta alla forzata interruzione degli studi, invocandone la “benevolenza”.
Nei fatti, noi editori quando abbiamo deciso di ripubblicare quest’opera dalla valenza storica indiscutibile, ci siamo trovati dinanzi a uno scritto che a volte diventa confusionario proprio per colpa della “forma” rimasta a metà fra un romanzo e una narrazione dei fatti, inoltre, il testo è pieno di tante imperfezioni e problematiche stilistiche dello scrivere in sé, pertanto abbiamo fatto qualche correzione ma sempre, e si sottolinea sempre, nell’assoluto rispetto del pensiero dell’autore, senza mai apportare una sola modifica sostanziale. Con questa breve nota ci permettiamo, quindi, di elencarvi tutto quello che è stato il nostro intervento nel testo per darvi il più fedele proposito delle nostre azioni.
Per prima cosa abbiamo introdotto nel titolo proprio “il nome del glorioso martire, e il ricordo dolcissimo dell’amico...” Francesco Bentivegna, riportando come sottotitolo quello originale dell’opera: “Storia della rivolta del 1856 in Sicilia organizzata dal Barone Francesco Bentivegna in Mezzojuso e da Salvatore Spinuzza in Cefalù. Entrambi traditi, vennero arrestati e fucilati. Altre 24 persone ebbero sentenza di morte”. Converrete che come titolo sia troppo lungo e non aiuti la ricerca dello stesso da parte dei lettori.
Lo scritto è privo dei caporali, delle virgolette o trattini che precedono i dialoghi e questo causa una difficoltà di lettura aggravata anche dal fatto che tutti i dialoghi non sono introdotti e, peggio ancora, si confondono con la parte narrante in prima persona. Alle volte, invece, fioriscono trattini o caporali fino al punto da distogliere la concentrazione della lettura facendone perdere il filo logico e ingenerando confusione. Allora abbiamo introdotto i classici caporali di apertura e chiusa, con il rigoroso andare a capo all’inizio di ogni dialogo, tutto sempre nel rispetto assoluto della punteggiatura voluta dell’autore all’interno di ogni frase. Il testo, così ordinato, ha una lettura più godibile senza ma perdere la sua originalità.
I pronomi sono spesso sbagliati e sbagliati li abbiamo lasciati, ad eccezione di quelli talmente gravi da penalizzare lo scrittore, alcuni di questi però non sono stati corretti perché confacenti al mondo rurale dell’epoca, in particolare quelli usati nel rapportarsi con le classi sociali più elevate.
Le particelle Di e De che sono parti integranti del cognome nello scritto originale non sono mai staccate dal nome che è sempre riportato minuscolo, pertanto avremo Dimarco al posto di Di Marco, Disalvo al posto di Di Salvo ecc. Stessa cosa gli articoli facenti parte del cognome come ad es. La Barbiera sempre scritto attaccato in Labarbiera, e il non uso degli apostrofi nei cognomi come ad es. D’Urso che diventa Durso. Riteniamo che sarebbe stato doveroso correggere tutti questi cognomi, ma ci siamo persuasi a lasciare tutto in tal modo perché una qualunque correzione avrebbe snaturato l’opera.
Alcuni cognomi durante il corso della narrazione sono scritti a volte bene e altre volte male, ad esempio De Simone - Desimone, il Colonnello Ghio - Chio. In questi casi ci siamo comportati uniformando nel correggerli in base a quelli che erano maggiormente riportati giusti o sbagliati, quindi, poiché i De Simone scritti correttamente sono meno di quelli sbagliati, si è operata la loro sostituzione in Desimone anche per maggiore coerenza con quanto detto in merito alle particelle Di e De, mentre il colonnello Chio è stato corretto in Ghio, perché la maggioranza è a favore di quest’ultimo riportato correttamente.
Abbiamo lasciato inalterati i continui scambi sul cognome del marchese Di Rudinì o Rudinì perché crediamo che nel linguaggio ancora attuale si continui a far confusione o si usi indistintamente l’uno o l’altro.
Qualche cognome solo perché riportato una vola o poche volte nel testo in modo sbagliato, è stato corretto, per esempio Filanceri (in dialetto siciliano) in Filangeri. Non si può fare a meno di segnalare che il patriota Cesare Civello è stato sempre scritto nella forma dialettale Civeddu. In questo caso, data la coerenza dell’errore, lo abbiamo sempre lasciato Civeddu, inserendo una nota nel testo quando appare nominato la prima volta.
Il patriota Alessandro Guarnera è spesso chiamato più volte Guarnieri o Guarneri. In questo caso non abbiamo voluto correggere per non snaturare lo scritto dell’autore, che riporta bene anche lo stato a volte confusionale degli stessi partecipanti ai moti insurrezionali.
Non abbiamo mai corretto il nome del comune di Villafrati lasciando sempre scritto Villafrate così come Spiridione Franco s’intestardisce a chiamarlo.
Alcune parole sono scritte in modo corretto, altre volte con errore e per più volte con varietà di errore come ad esempio: salvacondotto, salva condotto, salvocondotto, salvo condotto. In questo caso non è stata operata alcuna forzatura sul testo per uniformare la parola che all’epoca, crediamo, potesse indicarsi in più modi.
Tre curiosità: A) Nel testo c’è una sola parola in inglese “jacch”, avrebbe voluto scrivere “yacht”, non abbiamo corretto. B) la dea Nemesi della giustizia o vendetta è citata in modo erato e così l’abbiamo lasciata C) si noti come la “mafia” nell’ottocento era chiamata “maffia” con due effe. La parola non è stata corretta, anche se agli occhi dei non addetti ai lavori può sembrare un errore, ma l’autore l’ha citata sempre per quello che era il nome dell’epoca.